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Camillo Peano

Nacque a Saluzzo il 5 giugno 1863 da Carlo e Luigia Ramusatti. Sposò Giuseppina Buttini il 25 febbraio 1892 da cui ebbe due figli, Luigi Mario (1899) e Maria Emma (1904). Il 6 luglio 1886 si laureò in giurisprudenza presso la Regia Università di Torino, lo stesso anno, con regio decreto del 19 ottobre, venne nominato vice-pretore nell’amministrazione giudiziaria di Torino, carica da cui si dimise il 21 agosto 1887.

In virtù del decreto ministeriale del 3 agosto 1887 divenne alunno di 1ª categoria nell’amministrazione provinciale del Ministero dell’interno. Tra il 1888 e il 1890 fu sottosegretario nell’ amministrazione provinciale di Perugia e poi di Milano. L’anno seguente venne promosso a segretario di 3ª classe e trasferito a Roma ove rimase sino al 1906 rivestendo diverse cariche: primo segretario e capo sezione nell’amministrazione centrale (1899-1904), segretario capo del Consiglio superiore della pubblica assistenza e beneficenza (1905) e ispettore generale di 2ª classe nell’amministrazione centrale (1905). Dopo la carriera di funzionario amministrativo, Peano assunse la carica di capo di gabinetto del Ministero dell’interno durante il terzo ministero Giolitti (29 maggio 1906-10 dicembre 1909), con regio decreto del 10 giugno 1906. Nel 1907 fu nominato prefetto e l’anno seguente consigliere di Stato (r.d. 22 Novembre 1908).

Gli anni al Consiglio di Stato (1908-1922) furono temporaneamente interrotti quando Peano venne chiamato a capo della segreteria della Presidenza del Consiglio (31 marzo 1911), quando divenne ministro dei Lavori pubblici, nel secondo governo Nitti e nel quinto governo Giolitti, (22 maggio 1920-4 luglio 1921) e quando venne nominato ministro del Tesoro nel primo governo Facta (26 febbraio 1922-31 luglio 1922).

Peano fu eletto deputato (dal 1913 al 1921), nel gruppo della Democrazia liberale per la XXIII, XXIV e XXV legislatura, quale segretario per i Collegi di Barge e di Cuneo, poi, il 16 ottobre 1922, poco dopo la nomina a Presidente della Corte dei conti, fu nominato senatore, prestando giuramento lo stesso giorno della convalida avvenuta il 18 novembre 1922.

Meritano di essere ricordati due suoi interventi pronunciati alla Camera nel 1914: quello in materia di giustizia amministrativa, dove invitava il presidente del Consiglio, Antonio Salandra, a chiarire se, in caso di un ricorso da parte degli impiegati dello Stato, dei comuni e delle amministrazioni provinciali, fosse chiamata a decidere la quarta o la quinta Sezione del Consiglio di Stato; e quello dove, quale relatore di maggioranza, discusse sulla proposta di legge che prevedeva modifiche alla legge comunale e provinciale in materia elettorale. Alla vigilia della Prima guerra mondiale, Peano partecipò al dibattito sull'entrata dell'Italia nel conflitto. A tal proposito restò celebre la lettera di Giolitti, a lui indirizzata, nota come "lettera del parecchio" e pubblicata da Peano e da Olindo Malagodi sulla «Tribuna».

Nel 1919, durante la seduta del 17 luglio, Peano intervenne nel dibattito sulla riforma del sistema elettorale politico, proponendo il cosiddetto “panachage”, vale a dire il meccanismo che dava la facoltà all’elettore di comporre la lista a suo piacimento, senza tener conto del partito.

Nel corso dell’attività parlamentare Peano, anche in virtù degli incarichi rivestiti come ministro dei Lavori pubblici e del Tesoro, si occupò di diverse proposte di legge riguardanti: opere di bonifica, potenziamento del trasporto pubblico per incentivare lo sviluppo industriale, provvedimenti a favore delle zone colpite da calamità naturali, quali terremoti ed alluvioni e potenziamenti delle opere idrauliche.

Nella seduta alla Camera del 16 Maggio del 1922 nell’esporre le variazioni allo stato di previsione della spesa per l’esercizio finanziario 1921-22, relazionò sulla gravità della situazione economica del paese facendosi portavoce di un’aperta politica protezionistica, come si evince anche dalla posizione che assunse sulla questione dell’Ilva e dell’Ansaldo, in merito alla quale Peano auspicò l’intervento statale, mediante specifiche commesse, per rilanciarne l’attività.

Inoltre intervenne anche a sostegno degli istituti finanziari che sostenevano dette società, impegnandosi con il direttore generale della Banca d’Italia, Bonaldo Stringher, per impedire la caduta del Banco di Roma.

Nel 1922 partecipò, come membro della Delegazione ufficiale del Governo italiano, alla conferenza internazionale di Genova (10 aprile-18 maggio 1922), che proponeva il rilancio ed il consolidamento economico dell'Europa.

A decorrere dal 16 ottobre dello stesso anno, con regio decreto del 16 ottobre 1922, venne nominato Presidente della Corte dei Conti, trovandosi a presiedere l’Istituto in un periodo delicato contraddistinto, come lo stesso Peano sottolineò nel discorso d’insediamento, dal problema della spesa pubblica per fronteggiare il quale evidenziò la funzione di vigilanza che la Corte avrebbe dovuto svolgere. Nella stessa sede ribadì il fondamentale ruolo di autonomia della Corte, quale magistratura suprema dello Stato, in un momento caratterizzato dal rapido susseguirsi di Ministeri che ostacolavano la continuità dell’opera governativa.

Nel 1923 le aspettative di Peano trovarono attuazione nella promulgazione della legge sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità dello Stato e nelle modificazioni apportate alla legge sulla Corte dei conti che di fatto rafforzarono l’attività di controllo dell’Istituto.

Durante gli anni della Presidenza, Peano presiedette diverse udienze delle sezioni unite esaminando questioni in materia pensionistica al fine di elaborare una specifica giurisprudenza che si concretizzò nella pubblicazione del Codice delle pensioni, ad opera dello stesso Peano nel 1927. All’interno del Codice trovavano sistemazione tutte le norme attinenti le pensioni civili, militari e di guerra, a partire dal testo unico del 1895. Come specificò lo stesso Peano, scopo principale era di rendere nota e di facilitare la ricerca in un ambito complesso ed in continua evoluzione quale quello pensionistico.

Mantenne la Presidenza della Corte dei conti sino al 1929 quando fu collocato a riposo per sopraggiunti limiti di età ed anzianità di servizio conservando il titolo ed il grado onorifico di Presidente della Corte dei conti. Peano, in virtù dei ruoli istituzionali rivestiti, fece parte di diverse commissioni tra cui vale la pena citare la “Commissione Peano” (r.d. 21 luglio 1910) a cui era stata affidato il compito di provvedere alla sistemazione degli Uffici dello Stato in locali rispondenti alle accresciute esigenze dei vari servizi.

Numerose furono le onorificenze conseguite: cavaliere dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro (1903), ufficiale dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro (1907), commendatore dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro (1908), grande ufficiale dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro (1909), gran cordone dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro (1921), gran cordone dell’Ordine della Corona d’Italia (1912), grande ufficiale dell’Ordine di S. Marino (1907), commendatore dell’Ordine del Salvatore (1907), gran cordone dell’Ordine di San Stanislao (1910), commendatore dell’Ordine della Legion d’Onore (1911).

Morì a Roma il 13 maggio 1930.