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Nelle relazioni tra enti ed organi amministrativi può essere necessario un riesame di un singolo atto amministrativo o dell’attività amministrativa nel suo complesso da parte di un altro organo. Il controllo di legittimità, serve ad assicurare che un atto o un’attività siano conformi alla legge. Il controllo sulla gestione serve invece a verificarne l’efficienza e l’economicità rispetto agli obiettivi posti dalla legge.

La Corte dei conti in base alla Costituzione (art. 100) svolge:

  • un controllo preventivo di legittimità sugli atti del governo;
  • un controllo successivo sulla gestione del bilancio dello Stato;
  • un controllo sulla gestione finanziaria degli enti cui lo Stato contribuisce un via ordinaria.

Si tratta di un controllo esterno e neutrale svolto in posizione di assoluta imparzialità rispetto agli interessi di volta in volta perseguiti dal governo o dall’amministrazione. Accanto a dette funzioni, individuate in modo diretto dall’art. 100 della Costituzione, ve ne sono altre, introdotte da leggi ordinarie, che trovano il loro fondamento costituzionale nell’art. 97 della Costituzione (principio del buon andamento degli uffici pubblici), nell’art. 81 (rispetto degli equilibri di bilancio) e nell’art. 119 (coordinamento della finanza pubblica). In particolare, la legge 14 gennaio 1994 n. 20 ha attuato una riforma completa delle funzioni di controllo della Corte dei conti, riducendo il numero degli atti sottoposti al controllo preventivo di legittimità ed introducendo una nuova forma di controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, nonché sulle gestione fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria, improntata ai parametri di economicità ed efficacia che debbono sempre ispirare l’azione amministrativa (legge 7 agosto 1990 n. 241)

Altre leggi sono intervenute attribuendo alla Corte dei conti importanti funzioni di controllo/referto quali:

  • il controllo sulla copertura finanziaria delle leggi di spesa (art. 11 ter della legge 5 agosto 1978 n. 468);
  • referti speciali (esempio referto sul costo del lavoro pubblico ed altri referti speciali);
  • certificazione finanziaria dei contratti collettivi di lavoro (art. 51 del decreto legislativo n. 29 del 1993 e successive modifiche);
  • referti sulla finanza regionale e locale.

In sintesi, fra i controlli svolti dalla Corte dei conti possono distinguersi tre principali tipologie:

Quali sono gli atti sottoposti a controllo preventivo di legittimità?

La Corte dei conti, in base alla Costituzione, accerta che gli atti dell’esecutivo siano conformi a norme di legge, in particolare a quelle del bilancio. Fino al decreto-legge 15 marzo 1993 n. 143, convertito con modificazioni dalla legge n. 19 del 14 gennaio 1994, erano soggetti al controllo preventivo di legittimità:

La legge 23 agosto 1988 n. 400 aveva già escluso dal controllo preventivo di legittimità i decreti-legge ed i decreti legislativi delegati (esclusione considerata legittima dalla Corte costituzionale con sentenza n.406/1989).

La legge 14 gennaio 1994, come modificata dal d.l.23 ottobre 1996 n. 543, convertito dalla legge 20 dicembre 1996 n. 639, ha ulteriormente ridotto il numero di atti dell’esecutivo e di gestione del bilancio, sottoposti al controllo preventivo di legittimità. Ai sensi dell’art. 3 comma 1 sono sottoposti al controllo preventivo di legittimità:

Come si svolge il procedimento di controllo? Il procedimento inizia con l’invio dell’atto sottoposto a controllo al competente ufficio della Corte dei conti. Ove l’atto sia ritenuto legittimo, la Corte lo ammette al visto e alla registrazione. Da quel momento l’atto acquista efficacia, cioè produce effetti giuridici. Nell’eventualità in cui la Corte dubiti della legittimità dell’atto inizia una fase del procedimento disciplinata, da ultimo, dalla legge 24 novembre 2000 n. 340 che, per evitare ritardi nel compimento dell’azione amministrativa, deve essere ultimata entro termini perentori (sessanta giorni, salvo eccezionali ipotesi di sospensione).

Cos’è la “registrazione con riserva”? Nel caso in cui il controllo riguardi un atto governativo, ai sensi dell’art. 25 del T.U. n. 1214 del 1934, l’amministrazione interessata, in caso di rifiuto di registrazione, può chiedere un'apposita deliberazione da parte del Consiglio dei ministri, il quale, a propria volta, può ritenere che l’atto risponda ad interessi pubblici superiori e debba avere comunque corso. In questo caso la Corte dei conti pronuncia a Sezioni riunite, le quali, ove non ritengano venute meno le ragioni del rifiuto, ordinano la registrazione dell’atto e vi appongono il visto con riserva. L’atto registrato con riserva acquista piena efficacia, ma può dare luogo ad una responsabilità politica del Governo, in quanto la Corte trasmette periodicamente al Parlamento l’e lenco degli atti registrati con riserva. Per alcuni atti, contemplati dall’art. 25 T.U. 12 luglio 1934 n.1214 “il rifiuto di registrazione è assoluto e annulla il provvedimento”.

Quali sono le caratteristiche del procedimento di controllo preventivo su atti? La Corte dei conti, in alcune pronunce, ha ritenuto che il procedimento di controllo preventivo di legittimità non sia assimilabile, in senso pieno, né al procedimento amministrativo (sotto il profilo dell’accesso agli atti amministrativi ai sensi della legge n. 241 del 1990) né a quello giurisdizionale. Tuttavia, la Corte costituzionale (sentenza n. 226 del 12 settembre 1976) ha riconosciuto alla Corte dei conti, nell’esercizio delle funzioni di controllo preventivo, il potere di sollevare in via incidentale eccezioni di legittimità costituzionale (il potere, cioè, di chiedere alla Corte costituzionale di pronunciarsi sulla conformità alla Costituzione delle leggi poste alla base dell'atto controllato), con ciò stesso assimilando il procedimento di controllo ad un procedimento di natura giurisdizionale, dal momento che la Corte dei conti “si trova come qualunque altro giudice a dover raffrontare i fatti dei quali deve giudicare alle leggi che li concernono”.

Qual è lo scopo del controllo sulla gestione?
Per la legge 14 gennaio 1994 n. 20 e successive modifiche la Corte dei conti, nell’esercizio di detta funzione è chiamata a verificare “la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione. Accerta, anche in base all’esito di altri controlli, la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell’azione amministrativa”.

Come viene svolto il controllo sulla gestione?
La Corte può richiedere alle amministrazioni pubbliche ed agli organi di controllo interno qualsiasi atto o notizia e può effettuare e disporre ispezioni ed accertamenti diretti.

Quali sono le amministrazioni pubbliche sottoposte al controllo sulla gestione?
La Corte dei conti può sottoporre al controllo sulla gestione le amministrazioni pubbliche ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 29 del 1993 e cioè: le amministrazioni dello Stato, ivi comprese gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane e loro consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale, le gestioni fuori bilancio ed i fondi di provenienza comunitaria.

Anche le regioni sono sottoposte a detto controllo?
La Corte dei conti, sulla base delle norme vigenti, svolge il controllo sulla gestione nei confronti delle amministrazioni regionali al fine della verifica del rispetto dei risultati previsti dalle leggi di principio e di programma.
La Corte costituzionale in importanti pronunce (sentenza 25 gennaio 1995 n. 29; 20 luglio 1995 n. 335; 30 dicembre 1997 n. 470) ha ritenuto compatibile il controllo della Corte dei conti con l’autonomia delle Regioni.
Per la Corte costituzionale, il sistema dei controlli non contrasta con l’autonomia regionale costituzionalmente garantita, ma si armonizza con essa per assicurare che ogni settore della pubblica amministrazione risponda al modello tracciato dall’art. 97 della Costituzione (principio del buon andamento dei pubblici uffici). La stessa Corte ha individuato negli articoli 97, 28 (responsabilità dei funzionari pubblici), 81 (tendenziale equilibrio del bilancio), 119 (coordinamento dell’autonomia finanziaria delle regioni con la finanza dello Stato, delle province, dei comuni) il fondamento costituzionale del controllo sulla gestione.
Le intervenute modifiche del Titolo V della Costituzione (legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001), rafforzano , il ruolo della Corte dei conti di garante del rispetto degli equilibri di bilancio da parte delle regioni, province, comuni e città metropolitane e ampliano gli ambiti del controllo sulla gestione in vista di obiettivi di sana gestione finanziaria.

E i comuni?
La legge 14 gennaio 1994 n. 20 ha mantenuto in vigore, per gli enti locali, i controlli già previsti dalla legge 26 febbraio 1982 n. 51 e successive modifiche (e cioè, l’esame dei conti consuntivi delle province e dei comuni con popolazione superiore ad ottomila abitanti, con esito di referto al Parlamento).
Il testo unico sulle autonomie locali 18 agosto 200 n. 267, capo IV, titolo VI, parte I, art. 148, per quel che concerne il controllo sulla gestione degli enti locali, ha rinviato alle norme della legge 14 gennaio 1994 n. 20.
Per quel che riguarda gli intervenuti mutamenti costituzionali valgono le stesse considerazioni svolte per le Regioni e cioè una valorizzazione dei controlli sulla gestione della Corte dei conti quale strumento per garantire (anche attraverso analisi comparative tra le varie realtà locali) la maggior economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.

In cosa consiste il controllo della Corte dei conti sulla gestione dei fondi comunitari?
La legge 14 gennaio 1994 n. 20 ha previsto il controllo successivo sulla gestione della Corte dei conti anche sui fondi di provenienza comunitaria.
Nell’ambito di detta funzione la Corte dei conti controlla la gestione del fondi strutturali comunitari, verificando l’utilizzazione dei finanziamenti di provenienza comunitaria e l’efficacia della loro gestione rispetto agli obiettivi posti dalla normativa comunitaria e nazionale.
La Corte verifica anche la consistenza e le cause delle possibili frodi, nonché le misure preventive e repressive adottate dalle amministrazioni pubbliche.
Nell’esercizio di questa funzione la Corte dei conti collabora con la Corte dei conti europea e con gli altri istituti superiori di controllo europei e internazionali attraverso scambi di informazioni, valutazioni, dati ed altri elementi conoscitivi.
Al termine del riscontro la Corte dei conti riferisce al Parlamento e alle amministrazioni controllate.

Come avviene la programmazione del controllo?
Le aree di gestione da sottoporre ad analisi sono individuate in un programma di lavoro che la Corte approva ogni anno per l’anno successivo.
L’ambito oggettivo e soggettivo del controllo sulla gestione viene individuato sulla base di vari parametri quali l’importanza finanziaria, l’esistenza di notevoli rischi di irregolarità, i risultati di precedenti controlli, le richieste pervenute alla Corte da parte di altre istituzioni pubbliche.
Anche le risorse umane e strumentali sulle quali la Corte può contare per l’esercizio di detto controllo influenzano, come ovvio, la programmazione .
Il programma annuale viene preventivamente comunicato agli organi elettivi (presidenti di Camera e Senato e, nel caso di controlli sulle Regioni, presidenti dei Consigli regionali) ed alle amministrazioni controllate.

Qual è l’esito del controllo sulla gestione?
A differenza del controllo preventivo di legittimità, l’esito del controllo non consiste nel mancato perfezionamento dell’efficacia di un atto, ma nella predisposizione di relazioni e osservazioni destinate alle amministrazione controllate.
Scopo del controllo è, infatti, quello di verificare se l’azione amministrativa sia stata economica, efficiente ed efficace ed abbia raggiunto gli obiettivi stabiliti. In caso di giudizio negativo, le amministrazioni dovranno attenersi alle indicazioni del controllore per eliminare i fattori di scarsa efficacia della gestione e migliorare la propria azione.
La Corte riferisce, almeno annualmente, al Parlamento ed ai consigli regionali sull’esito del controllo eseguito.
Le relazioni della Corte vengono anche comunicate alle amministrazioni interessate, alle quali la Corte formula, in qualsiasi altro momento le proprie osservazioni.
Le amministrazioni sono tenute a comunicare alla Corte ed agli organi elettivi le misure adottate a seguito delle osservazioni della Corte dei conti.

Come si valuta l’efficacia del controllo sulla gestione?
Il fatto che il controllo successivo sulla gestione sia privo di una vera e propria “ sanzione” non deve indurre a ritenere che esso non sia efficace, dal momento che è teso a provocare dei meccanismi di correzione spontanea da parte delle amministrazioni controllate.
Nell’ipotesi in cui le amministrazioni non si attengano alle indicazioni del controllore potrà sempre scattare la responsabilità politica dei titolari degli organi ed uffici e sussistendone i presupposti, anche giuridica, dei singoli funzionari ed amministratori ove dalla condotta dei medesimi sia derivato un danno pubblico patrimoniale.
Non vi è, comunque, un rapporto diretto, e tanto meno un automatismo, tra esito negativo del controllo sulla gestione (che riguarda un’attività) e responsabilità di singoli funzionari o amministratori pubblici.

Qual è la differenza fra controllo di legittimità sugli atti e controllo sulla gestione?
Fra i due tipi di controllo vi sono differenze circa :

- l’oggetto (singoli atti o attività amministrativa nel suo complesso);

- il parametro (conformità ex ante dell’a tto a norme di legge, verifica ex post dei risultati raggiunti rispetto agli obiettivi programmati);

- l’esito (inefficacia dell’atto, attivazione di meccanismi di adeguamento ed auto correzione da parte dell’amministrazione controllata).

Quali sono le caratteristiche del procedimento di controllo sulla gestione?
Il controllo sulla gestione a differenza del controllo preventivo di legittimità su atti è un controllo successivo di tipo collaborativo che, secondo la Corte costituzionale (sentenza n. 29 del 27 gennaio 1995) ha un carattere essenzialmente empirico… ” compiuto sulla base di criteri di riferimento e modelli operativi nascenti dalla comune esperienza”.
Non essendo il procedimento di controllo assimilabile ad un procedimento di natura giurisdizionale, la Corte dei conti, nell’ esercizio di detta funzione, non può sollevare questioni incidentali di legittimità costituzionale (sentenza n. 29/1995) ovvero sollevare questioni pregiudiziali innanzi alla Corte di Giustizia CE ai sensi dell’art. 234 del Trattato sulle Comunità europee (ordinanze della Corte di Giustizia del 26 novembre 1999).

Quali sono gli enti controllati dalla Corte dei conti?
Nell’esercizio della funzione di controllo sulla gestione finanziaria previsto dall’art. 100 della Costituzione e dalla legge 21 marzo 1958 n. 259, la Corte controlla:

  • gli enti che godono di contribuzione periodica a carico dello Stato;
  • gli enti che si finanziano con imposte, contributi, tasse che sono autorizzati ad imporre;
  • gli enti che godono di un apporto al patrimonio in capitale, servizi, beni ovvero mediante concessione di garanzia;
  • le società derivanti dalla trasformazione degli enti pubblici economici in società per azioni, fino a quando permanga la partecipazione maggioritaria dello Stato o degli altri pubblici poteri al capitale sociale (Corte costituzionale, sentenza 28 dicembre 1993 n. 466, resa in seguito a conflitto di attribuzioni sollevato dalla Corte dei conti).

Qual è lo scopo del controllo della Corte sugli enti sovvenzionati?
La Corte dei conti vigila affinché gli enti che gestiscono ingenti quote di risorse pubbliche, si attengano a parametri di legittimità ed improntino la loro gestione a criteri di efficacia ed economicità.

Come si svolge il controllo sugli enti?
La legge 21 marzo 1958 n. 259 ha previsto due modalità di controllo:

  • quello svolto direttamente dall’apposito ufficio della Corte dei conti (Sezione controllo enti);
  • quello svolto da una magistrato della Corte (art. 12) che partecipa alle sedute degli organi di amministrazione e revisione dell’ente.

In entrambi i casi il controllo, che è sia di legittimità che di merito, è concomitante, cioè si svolge nel corso della gestione dell’ente, e ha per oggetto l’intera gestione finanziaria e amministrativa dell’ente stesso.

La Corte, in caso di accertata irregolarità nella gestione di un ente, può in ogni momento formulare i propri rilievi al Ministro del tesoro e al Ministro competente (art. 8 legge 1958/259).

Qual è l’esito del controllo?
Al termine di ogni esercizio finanziario la Corte dei conti adotta una pronuncia nella quale effettua le proprie valutazioni sulla gestione finanziaria dell’ente controllato. La relazione viene inviata al Parlamento per l’esercizio del suo controllo politico finanziario.

La relazione viene anche inviata all’ente controllato nonché ai Ministeri vigilanti per far loro adottare i provvedimenti necessari a rimuovere le eventuali irregolarità contabili, amministrative e gestionali riscontrate, nonché per migliorare la gestione.

Qual è la natura del procedimento di controllo sugli enti?
Il controllo sugli enti sovvenzionati differisce sia dal controllo di legittimità (preventivo o successivo) su atti, sia dal controllo sulla gestione, essendo partecipe dei caratteri sia dell'uno che dell’altro.

La Corte costituzionale italiana, ha ritenuto che la Corte dei conti nell’esercizio della funzione di controllo sugli enti, rappresentata dal Presidente della Corte dei conti, è potere dello Stato legittimato a sollevare conflitto di attribuzione con gli altri poteri dello Stato (Corte costituzionale, sentenza n. 457 del 23 dicembre 1999).

Cos’è il giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato?

Il giudizio di parificazione del rendiconto è il giudizio volto ad accertare la conformità dei risultati del rendiconto dello Stato alla legge di bilancio. Ai sensi dell’art. 39 del regio decreto 12 luglio 1934 n. 1214 la Corte dei conti a Sezioni riunite verifica il rendiconto generale dello Stato (inteso come conto del bilancio e conto del patrimonio) e ne confronta i risultati, tanto per le entrate quanto per le spese, con le leggi di bilancio.

In cosa consistono le valutazioni della Corte dei conti in sede di parificazione?

Nella sua funzione costituzionale di organo di verifica dei complessivi equilibri di finanza pubblica (artt. 100, 119, 81, 97) la Corte dei conti ha, nel tempo, ampliato le sue valutazioni in sede di parificazione tenendo conto della evoluzione legislativa della decisione di bilancio (esposizione dal Tesoro al Parlamento del fabbisogno di cassa del settore statale e del settore pubblico) includendo, perciò, nella relazione che accompagna il giudizio sul rendiconto i risultati della gestione finanziaria con riferimento all’intero settore pubblico.Le valutazioni della Corte dei conti sugli andamenti complessivi della gestione del settore pubblico sono anche volte a verificare il rispetto dei parametri comunitari (rispetto del patto di stabilità).

In cosa consiste il controllo della Corte dei conti sulla copertura finanziaria delle leggi di spesa?
La legge 5 agosto 1978 n. 468 (art. 11 ter) ha attribuito alla Corte dei conti un controllo di tipo generale sulla copertura finanziaria delle leggi che comportano nuove o maggiori spese oppure minori entrate (art. 81, quarto comma della Costituzione).

Si tratta di un controllo volto a garantire il rispetto degli equilibri finanziari e dei vincoli di bilancio.

Come viene svolto il controllo?

La Corte dei conti trasmette ogni quattro mesi al Parlamento una relazione sulla copertura di spesa delle leggi adottate nel periodo, nonché osservazioni in ordine alle tecniche di quantificazione degli oneri.

Qual è la natura del procedimento di controllo sulle leggi di spesa?

Il procedimento di controllo sulle leggi di spesa attribuisce alla Corte dei conti il compito di valutare la razionalità e congruità delle stime e delle misurazioni che sorreggono le previsioni di spesa. E’ quindi escluso che la Corte dei conti possa entrare nel “merito” delle scelte economiche (sentenza della Corte costituzionale n. 384 del 1991).

Nell’esercizio di detta funzione la Corte dei conti può sollevare questioni incidentali di legittimità costituzionale delle leggi per violazione dell’art. 81 della Costituzione.

In cosa consiste il controllo della Corte dei conti sui contratti collettivi di lavoro?

La legge (art. 51 del decreto legislativo 29 del 1993 e successive modificazioni) ha attribuito alla Corte dei conti la funzione di “certificare” la compatibilità dei costi derivanti dal contratto collettivo con gli strumenti della programmazione e del bilancio, acquisendo elementi conoscitivi.

Cosa succede se la Corte dei conti non certifica il contratto collettivo?

Se la certificazione è positiva (la Corte ritiene, cioè, compatibili i costi derivanti dal contratto collettivo e la loro quantificazione con i vincoli di bilancio) l’ARAN sottoscrive il contratto.In caso negativo, essa assume le iniziative per adeguare la quantificazione dei costi contrattuali onde ottenere una certificazione positiva della Corte dei conti, ovvero, se lo ritenga possibile, convoca i sindacati ai fini della riapertura delle trattative. In ogni caso, il controllo della Corte non impedisce la sottoscrizione del contratto. La Corte riferisce al Parlamento sulla definitiva quantificazione dei costi contrattuali, sulla loro copertura finanziaria e sulla compatibilità con gli strumenti della programmazione e del bilancio.

In cosa consiste il controllo della Corte dei conti sulla finanza regionale e locale?

La Corte dei conti quale garante dei complessivi equilibri di finanza pubblica riferisce almeno una volta l’anno sull’andamento generale della finanza regionale e locale, tenuto anche conto dei referti delle singole sezioni regionali e con riferimento al rispetto del quadro delle compatibilità generali di finanza pubblica poste dall’Unione europea e dal bilancio dello Stato, nonché sull’utilizzazione dei fondi di riequilibrio e solidarietà definiti dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato.

Si tratta di un controllo che, essendo basato su analisi comparative, offre importanti valutazioni conoscitive onde garantire il rispetto dei principi posti a base della solidarietà fra le varie regioni.

Il Collegio del controllo concomitante, istituito presso la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato con delibera del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti n. 272 del 10 novembre 2021 , esercita l’attività di controllo concomitante (prevista dall’art. 22 del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni nella legge 11 settembre 2020, n. 120), sui principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell'economia nazionale. Nell’ambito di questi ultimi, “il Collegio del controllo concomitante concorre all’espletamento dei controlli sull’attuazione del PNNR nel perimetro della programmazione generale di cui all’art.5 del regolamento per l’organizzazione delle funzioni controllo della Corte dei conti” (art. 2, co. 5, della citata del. Consiglio n. 272/2021).

Le funzioni di controllo è intestata al Collegio ed è esercitata in autonomia sulla base del programma annuale da esso deliberato nel quadro della programmazione generale dei controlli definito dalle Sezioni riunite ai sensi dell’art. 5 del regolamento di organizzazione delle funzioni di controllo approvato con Delibera delle Sezioni riunite n. 14/DEL/2000.

Ove l’attuazione di piani, programmi e progetti sia rimessa a Regioni/Province autonome o ad altri enti o a organi operanti esclusivamente in ambito regionale, le funzioni sopra descritte vengono svolte dalla competente Sezione regionale di controllo.

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