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08/06/2020
Sezione del Controllo sugli Enti

Nel corso del 2018 è stato ulteriormente incentivato il ricorso agli acquisti centralizzati, mentre le politiche di “spending review” hanno sostanzialmente esteso il perimetro di obbligatorietà dell’utilizzo del Mepa a tutte le pubbliche amministrazioni. L’eccessivo dimensionamento delle gare si è ripercosso negativamente sia sui tempi di aggiudicazione sia per l’emergere di intese anticoncorrenziali tra le imprese dominanti. Si ritiene preferibile l’avvio di gare centralizzate suddivise in lotti di dimensioni quantitativamente più ridotte, al fine di fornire la possibilità di accesso alle stesse anche delle piccole e medie imprese e di valorizzare adeguatamente gli elementi concorrenziali del mercato. Dalla gestione economica emerge un risultato d’esercizio positivo di 5.799.757 euro, con un incremento dell’11,43 per cento rispetto al precedente esercizio. Tale risultato netto vede aumentare la sua incidenza sul valore della produzione (7,79 per cento rispetto al 7,4 dell’esercizio precedente). Il costo del personale ammonta a 31.823 migliaia di euro con un incremento di 129 migliaia di euro rispetto all’esercizio 2017 (0,41 per cento). Il patrimonio netto ammonta a 35.035 migliaia di euro con un incremento rispetto al 2017 di 3.604 migliaia di euro, pari all’11,47 per cento rispetto all’esercizio precedente.

Se il risparmio potenziale, “inteso come valore annuo del risparmio da prezzi unitari rispetto ai prezzi medi della pubblica amministrazione sui prezzi unitari di acquisto, relativamente a “convenzioni” e “accordi quadro”, si attesta a 3.053 milioni, si osserva che tale cifra corrisponde a quanto stimato nel caso in cui, per le categorie merceologiche presidiate, si utilizzassero a pieno (e non parzialmente, come oggi accade) le convenzioni” - scrive la Corte e aggiunge che, almeno per quanto riguarda le amministrazioni centrali, negli ultimi anni non ha rilevato a consuntivo, sui capitoli di bilancio destinati all’acquisto di beni e servizi, una riduzione di spesa pari a quella preventivata, anzi, nonostante il costante rafforzamento e l’espansione degli obblighi in capo alle pubbliche amministrazioni di adesione alle convenzioni in parola, “quasi il 70 per cento della spesa per beni e servizi dei Ministeri continua ad essere effettuato, per varie cause, al di fuori degli strumenti Consip”.

“Con l’estensione del ruolo affidato a Consip, appare quindi opportuna una più attenta e oggettiva valutazione dei risparmi di spesa effettivamente conseguiti” – prosegue la magistratura contabile – “atteso che l’ordinamento prevede la possibilità per le amministrazioni centrali di indire autonome procedure per l’approvvigionamento di beni e servizi di proprio interesse, anche in deroga al generale obbligo di avvalersi delle convenzioni quadro di cui all’articolo 26, comma 3, della l. 23 dicembre 1999, n. 488, purché le amministrazioni possano dimostrare di aver ricercato e conseguito condizioni migliori rispetto a quelle contenute nelle convenzioni-quadro, nell’ambito dei vincoli posti dal legislatore sia ex ante (insuperabilità delle condizioni trasfuse nelle convenzioni quadro) che ex post (nullità degli atti realizzati in violazione e responsabilità amministrativa in sede di giurisdizione contabile in capo ai funzionari che abbiano agito in violazione di legge e con ingiustificato dispendio di pubbliche risorse)”.

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